Dagli ultimi decenni del secolo scorso, con un netto incremento nel corso degli ultimi anni, il principio della sostenibilità, in particolare la protezione e la tutela dell’ambiente, sono divenuti aspetti prioritari per tecnici e operatori di tutto il mondo.
I primi atti nazionali e transnazionali sottoscritti da uno o più Paesi, risalgono ai primi anni ’70. Da allora sono state delineate le definizioni di inquinanti, stabilendo i primi standard di riferimento per la protezione dell’ambiente e degli organismi dai possibili effetti negativi delle attività antropiche.
Dal 2000 in poi, sono state progressivamente definite le diverse forme di inquinamento che hanno un impatto sugli ecosistemi subaerei e acquatici ed è ormai riconosciuto che anche l’immissione di energia nell’ambiente da parte dell’uomo, come effetto collaterale delle sue attività, una delle tante forme di inquinamento che affliggono il nostro pianeta.
Secondo una definizione del G.E.S.A.M.P. (Joint Group of Experts on the Scientific Aspects of Marine Environmental Protection), l’inquinamento marino è rappresentato dall'introduzione diretta o indiretta da parte umana, di sostanze o energia nell’ambiente marino tali da provocare effetti deleteri quali danno alle risorse viventi, rischio per la salute umana, ostacolo alle attività marittime compresa la pesca, deterioramento della qualità dell’acqua per gli usi dell’acqua marina e riduzione delle attrattive.
L'inquinamento acustico nei mari e gli effetti sui cetacei
In questo quadro, l’inquinamento acustico causato da un'eccessiva immissione nell’ambiente di suoni e rumori, e quindi di energia, è una delle forme di inquinamento più comuni.
I rumori prodotti dalle attività umane si sono progressivamente aggiunti ai suoni ambientali e il concetto di inquinamento acustico, che fino a pochi anni fa era riservato all’ambiente subaereo, è stato esteso anche all’ambiente acquatico dovuto in primis ai motori delle grandi navi, ma anche alle macchine presenti a bordo delle imbarcazioni.
Dopo decenni di ricerche, si è giunti alla certezza che alcuni suoni antropogenici hanno effetti negativi su diversi organismi acquatici, in particolare sui cetacei.
Se alcuni passi avanti sono stati fatti grazie ai motori elettrici introdotti su una pluralità di imbarcazioni, ci sono ancora passi avanti da fare per la riduzione della rumorosità di altre macchine di bordo, dai compressori d'aria, agli essiccatori fino ai generatori di azoto.
Gli effetti sugli animali
Occorre premettere che, a differenza di motori a propulsione e compressori d'aria, i suoni prodotti dagli organismi marini hanno frequenze molto basse, per quanto profondamente diverse tra loro: da 0.1 Hz a oltre 200 kHz. A causa delle proprietà del mezzo liquido, i suoni a bassa frequenza sono quelli che si propagano per distanze maggiori in mare.
Conseguentemente, i suoni con frequenze comprese tra 1 e 20 Hz sono di norma utilizzati per la comunicazione a grandi distanze, mentre i suoni con frequenza più alta (10 - 200 kHz) sono prodotti per la comunicazione a corto raggio.
Nei cetacei, i suoni a bassa e ad alta frequenza sono prodotti, oltre che per comunicare, per orientarsi nello spazio e per la ricerca delle prede (ecolocalizzazione).
Molti organismi marini emettono e percepiscono i suoni per adattarsi al loro ambiente.
Alcuni di essi utilizzano i suoni in modo “passivo”, altri in modo “attivo”.
L’uso passivo del suono si ha quando un animale non genera attivamente impulsi sonori ma si limita a rispondere sul piano comportamentale alla loro ricezione. La ricezione dei suoni ambientali permette loro di:
- individuare i predatori;
- individuare e catturare le prede;
- percepire la vicinanza di conspecifici;
- navigare e orientarsi;
- percepire i cambiamenti delle condizioni ambientali (maree, correnti);
- individuare fonti di cibo.
Le normative relative al contrasto dell'inquinamento acustico
Nel nostro Paese esistono attualmente quattro leggi per la regolamentazione dell’inquinamento acustico subaereo:
- 447 del 26 ottobre 1995. Legge quadro sull'inquinamento acustico.
- P. C. M. 14 Novembre 1997 relativa alla "Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore".
- Decreto del Ministero dell'Ambiente del 16 Marzo 1998 sulle "Tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico".
- Leg. n. 194 del 19 agosto 2005 relativo alla "Attuazione della Direttiva 2002/49/CE per la determinazione e la gestione del rumore ambientale".
A oggi, però, non esistono leggi specifiche per la regolamentazione dell’immissione di rumore in ambiente marino, nonostante in Italia siano numerose le attività costiere e off-shore che producono inquinamento acustico.
Si rende sempre più opportuna la definizione di linee guida affinché tale lacuna giuridica possa essere colmata quanto prima, alla luce degli effetti dell’inquinamento acustico sulla fauna marina e degli accordi internazionali vigenti che l’Italia si è impegnata a rispettare.
Nel frattempo per armatori e committenti delle varie imbarcazioni è importante scegliere motori, compressori e altre macchine di bordo contraddistinti dalla minor rumorosità possibile, non solo per il benessere della fauna marina, ma anche dell'equipaggio di bordo.
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